Il Ciclo Lunare torna al suo punto di zero questo mese nel territorio zodiacale del Capricorno. Già riccamente frequentato da Venere, Plutone e ovviamente dal Sole. Lo fa disegnando un trigono con Urano saldamente ancorato al Toro ( a ricordarci che il mondo deve cambiare volto) e lo fa quando Giove, signore dell’abbondanza, è definitivamente scivolato nel segno finale dei Pesci da appena una manciata di giorni.
Così se da un lato lo spostamento di Giove torna ad alzare la fiamma e l’intensità delle illusioni collettive, tracciando scenari che rischiano la distorsione che gli oggetti e le forme subiscono quando osservati attraverso lo specchio dell’acqua, la mole dei pianeti in Capricorno parla invece all’opposto di ricadute più che concrete che tali oniriche bolle sistematicamente determinano.
Le illusioni non hanno sostanza è vero.
Ma la paura di cui vengono gonfiate attraverso convulsi passaparola e un martellamento da goccia cinese di media impazziti è assolutamente reale e si traduce in manifestazione.
Cerchi sempre più stretti si stringono così attorno a chi invece si sveglia malgrado l’intensità dell’ipnosi. Forse perché l’aria si è fatta troppo asfittica o forse perché il quadro complessivo comincia ad annoverare troppe smagliature e i conti finiscono per non tornare. E quanto più il sonno intreccia strettamente le sue trame tanto più un numero sempre più consistente di Anime apre gli occhi.
Quelli della coscienza.
Quelli che siamo scesi per esercitare piano piano, ed abituare gradualmente alla Luce in questa grande scuola chiamata Terra, che ora mostra tutta la durezza di un momento epocale di verifica.
Il Capricorno per esempio è il territorio Astrologico delle perdite formanti.
Delle esperienze di riduzione che scandiscono l’assunzione di una nuova forma, più alta. Alice Bailey lo definisce come la porta di uscita dal mondo della Forma, nel Capricorno la Coscienza sperimenta la perdita del mondo esteriore per guadagnare l’altezza dello Spirito. Ed in effetti la decima stazione sulla Ruota dello Zodiaco incarna l’ ultimo luogo dell’elemento Terra ed è connessa a quelle esperienze che sottraggono alla nostra esistenza, che vengono a tagliare.
E come accade ai diamanti per assumere il loro notorio trasparente splendore, anche a noi umani succede di dover essere tagliati, separati, discriminati per poter realizzare forza e luce interiori.
Come adesso.
Chi accetta i tagli si alza. Prende quota. Risplende come gemma.
Adesso più che mai nella storia si è chiamati a perdere. Lavori, amici, familiari, abitudini, luoghi di ricreazione e sport, socialità.
Perdere sempre di più, in giri di vite sempre più stretti.
Sempre più è testata la nostra capacità di disidentificarci dal racconto interiore dell’incarnazione che abbiamo condotto finora.
Che cosa ci ha rappresentato? In che cosa ci siamo risolti?
I giri di vite si sommano. Ancora e ancora come onde di un mare in tempesta.
Sembrano fendenti di rasoio assestati alla nostra capacità di autodeterminazione o sovranità su noi stessi, sul nostro corpo financo, che non va più di moda. Ahinoi.
E come nelle favole di redenzione di cui gronda l’immaginario umano di ogni tempo la perdita diverrà la porta di un’iniziazione.
Il Capricorno determina si la fine dell’elemento Terra, ma apre anche la soglia alla dimensione metafisica dello Zodiaco. Apre a quegli step in cui la coscienza può interfacciarsi sempre più direttamente con il Divino, ovvero l’Acquario e i Pesci.
Allora per noi umani si tratta di passare attraverso un’iniziazione, diventare più di quello che si è.
Come accade ad Orfeo nel mito, che è sempre stato un carismatico per esempio.
Uno di quelli da invidiare, forse figlio della stessa musa Calliope, baciato fin da piccino dal fuoco sacro dell’arte. La sua lira aveva irretito le Sirene quando le navi di Giasone avevano attraversato il braccio di mare da esse popolato durante la spedizione degli Argonauti cui aveva partecipato. E i compagni infatti a ben vedere non gli avevano messo in mano un remo a bordo, piuttosto l’avevano insignito della veste di guida, essendo egli in grado di confrontarsi alla pari con creature immortali e insidiose armato solo della sua musica.
Orfeo non era uno qualsiasi. No. E forse non ne era nemmeno esattamente cosciente.
Per questo anche la donna che finì per irretire il suo cuore non fu chiunque, ma la bellissima Euridice. Anch’essa figlia di ninfa, una Driade, sfuggente e incantevole creatura dei boschi.
E venne presto ricambiato. Euridice accettò di esserne sposa proprio perchè Orfeo era speciale.
Possedeva talento divino, l’onore e la stima dei suoi simili.
E la sua fu una bolla esistenziale di perfezione fin quando non venne decurtato della cosa più preziosa.
La bellezza di Euridice finì infatti per attirare gli sguardi infami di Aristeo racconta Virgilio nelle Georgiche. Che la volle a tal punto da inseguirla come un animale con la sua preda, braccandola. Euridice disperata corse per sfuggire alla violenza. Corse così veloce e così terrorizzata da non accorgersi di un serpente fra l’erba. Il morso le fu fatale.
La perdita. Il taglio, la scure impietosa di Saturno resero cenere in pochi attimi il sogno perfetto di Orfeo.
La sua bella morì in un baleno.
Il cerchio che si strinse attorno al cuore maciullato di Orfeo fu talmente stretto e gelato da privarlo anche di ogni ritrosia, paura, metus reverentialis verso chicchessia.
L’Olimpo o gli Inferi cessarono per lui di essere luoghi ieratici. Preclusi ai mortali.
Perso l’amore, Orfeo alzò la testa.
Realizzò un balzo precluso a tutta l’umanità.
Fece quello che solo a un Divino era concesso.
Impugnò la solita lira e si incamminò verso le nere lande del Regno dei Morti, impero inviolabile di Ade in persona.
Con la sua musica sbaragliò ogni ostacolo o guardiano.
Riuscì a portarsi davanti al trono del Re stesso.
E non ebbe un filo d’esitazione a guardare Ade negli occhi, né tremò nel chiedere la restituzione del suo unico amore Euridice. Non provo un filo d’esitazione ad esibirsi nella performance più struggente che il suolo umano e divino avessero mai udito. Così ammaliante fu il suo canto che la stessa Persefone, consorte di Ade, pianse lacrime dense di commozione pregando il marito di accontentare all’istante quel triste e superlativo cantore.
Euridice venne liberata infatti.
La voce più consistente del mito racconta a questo punto un finale amaro per il più grande poeta e musico di ogni tempo. Egli si sarebbe voltato a guardare l’amata prima di mettere i piedi fuori dal Regno di Ade e tale atto di sfiducia avrebbe vanificato l’intera impresa costringendo Euridice a precipitare per sempre fra le ombre e decretando la distruzione dello stesso Orfeo, smembrato da un gruppo di menadi erranti.
Eppure una voce minoritaria racconta una storia diversa. Quella che preferisco.
Zeus avrebbe in verità incenerito Orfeo con la sua folgore per timore delle sue rivelazioni.
Per timore di quello che avrebbe potuto rivelare ai suoi seguaci avendo avuto la meglio sui Divini. Avendo da mortale espresso un potere in grado di travolgere gli Immortali.
Orfeo non fugge infatti davanti alla perdita di quel che ama di più.
La attraversa. Se ne fa pervadere. La segue e la incontra.
Usa il dolore per diventare qualcosa che gli stessi Divini non possono ignorare, per sedersi al loro stesso tavolo e trattare da pari a pari.
La perdita lo dota di questo potere.
La perdita ne fa di fatto una sorta di superuomo di Nietzschiana memoria.
E nel simbolismo della folgore Divina è fin troppo semplice rinvenire l’atto di suprema trasfigurazione. Quello che Zeus spesso utilizza per chiudere i ponti con la mortalità. La dimensione umana ad Orfeo a conti fatti non serve più.
Può essere abbandonata per dissolversi nello Spirito.
La perdita forma.
Innalza.
Mette in condizione di superare il confine fra umano e Divino.
E’ quanto molte Anime hanno scelto in questa fase del loro cammino esistenziale al momento.
Non abbiate paure di essere Divini.
Di sedervi al tavolo con Ade. Ne avrebbe paura chiunque. Ma voi non siete chiunque. Siete pietre grezze di inestimabile valore.
Non abbiate paura di lasciarvi tagliare come Diamanti.
E’ quel che siete.
Gemme preziose.
Siate Luce
Siate coraggio.
Con Amore e servizio
Francesca Spades
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