I pianeti restano saldamente incollati all’Archetipo della Vergine( Sole, Mercurio, Marte e Venere) e il senso profondo di questo archetipo ci porta in contatto con la capacità di muoverci dal dettaglio per scoprire una visione d’insieme che spesso ci manca.
E quando parliamo di visione d’insieme inevitabilmente il discorso va a sbattere contro la percezione che non è conoscenza della nostra realtà attraverso i nostri sensi fisici. In un Corso in Miracoli è fortemente sostenuto come le immagini che si creano nella nostra mente delle situazioni e circostanze della vita non rispondano a quello che veramente esse sono. Eppure questo cielo potrebbe convincerci che sia veramente così. Che la nostra versione dei fatti, la visuale delle cose, sia quella effettiva e questo è frutto dell’identificazione che spesso ci pervade totalmente con quelle che il grande Roberto Assagioli avrebbe definito “subpersonalità” o aspetti non riscattati del Nostro Se Inferiore.
E il nostro Se Inferiore ha un grande bisogno di darsi risposte. Sempre più specifiche, sempre più sezionanti, rispondendo alla necessità di controllo che è figlia della Paura. Sempre Un Corso in Miracoli specifica che la Paura è conseguenza dell’errore. Di una mente che vive nell’errore, ritenendosi separata dall’Uno, ovvero dall’Anima o Se superiore a cui tutti apparteniamo. Nella Paura, che è dinamica erronea, prodotto di illusione, siamo tutti attanagliati dall’incapacità di affidarci a qualcosa di ulteriore, che non passa per la nostra capacità analizzante puramente mentale, e che non risiede nella nostra attitudine logica di cercare una causa per ogni conseguenza. Il mito della Vergine è legato alla figura di Demetra che è la Dea del grano e della terra. Malgrado riceva il desiderio di molte divinità Demetra sceglie per se stessa il nubilato. Non vuole essere data in sposa a nessuno dal fratello Zeus e piuttosto che accettare uno sposo nella sua esistenza Demetra partorisce figli che tiene con se, che alleva da sola, così come fa crescere i frutti sugli alberi e il grano nei campi per sfamare gli esseri umani.
Demetra non si fida.
Demetra conosce la sua vita scandita dalle stagioni, sa come l’autunno segua l’estate, come l’inverno congeli la terra e come di nuovo la primavera renda il miracolo della rinascita. Sa come la natura proceda a ritmi ordinati e saggi, vive dentro questi ritmi, in una aggraziata danza di rituali che compie diligente e che regolano la vita di molti nonchè la propria. Ma è tenacemente ancorata a quella che oggi chiameremmo la sua confort zone.
Demetra non vuole spostarsi di un centimetro dal raggio della sua vita ordinata, non fa posto a niente e a nessuno. Non accetta che al di la di se stessa ci sia un’intelligenza superiore in grado di regolare le cose meglio di quanto essa saprà mai fare. Quando Erisittone, un baldanzoso giovanotto, sconfina allegramente con i suoi compagni in un bosco sacro alla dea, Demetra assume le sembianze di una Ninfa e lo prega di andarsene. Ricevuto rifiuto e scherno da parte del ragazzo, si mostra nelle sue reali splendide sembianze di immortale e scaglia contro di lui una maledizione al vetriolo, una di quelle vendette che ci potremmo al più aspettare dall’irascibile e crudele Era, piuttosto che dalla mite e defilata Dea della terra. Lo condanna infatti a morire di fame. Non importa quanto cercherà di sfamarsi, non importa quanto cibo ingoierà cercando di mettere a tacere il demone, dimagrirà fino a scomparire, fino ad essere completamente eroso dai morsi dell’inedia. Il rapporto di Demetra con i fuori programma ci porta a toccare con mano la difficoltà radicata nell’archetipo della Vergine ad accogliere quello che non si inquadra nei piani stabiliti.
Stabiliti da Mercurio, Reggitore del Segno e Signore della mente. Erisittone simbolicamente non è altro la veste mitologica di quelli che sono gli elementi di novità nelle nostre esistenze. Quegli accadimenti che a volte investono la nostra vita perchè inconsciamente attratti dalla nostra ombra, da quelle parti di noi non ancora visualizzate ed accettate, che vengono proprio per consentirci di fare esperienza di qualcosa che potrebbe estendere i confini della nostra consapevolezza.
Come si reagisce spesso all’arrivo di questi elementi?
C’è chi prova irritazione e rifiuto, c’è chi viene assalito dall’abbattimento, c’è chi si mette in armi fino ai denti perchè quello che arriva è nemico, quello che non era stato preventivato viene a togliere qualcosa, viene a violare una parte sacra di noi stessi, come il bosco caro a Demetra. Eppure spesso i miracoli avvengono quando permettiamo alla Mente Superiore o meglio a quella che Jung definì l’Inconscio collettivo, che divenne l’intelligenza collettiva più tardi, di fare il suo. Di entrare nelle nostre esistenze magari gettando all’aria qualcosa, facendo volare qualche foglio ben incolonnato come fanno certe correnti d’aria, seminando quel grammo di caos che genera.
Poseidone, Dio del Mare, è uno che di caos se ne intende.
Il suo Regno è un luogo in cui creare ordine è impresa impossibile. Non si mettono paletti all’acqua, non si mettono regole agli oceani. Un ispirato Mogol intuì bene il concetto nettuniano quando scrisse “come può un scoglio arginare il mare” a corollario delle ottime canzoni di Lucio Battisti. Nessuno può arginare il mare. Il mare è fuori controllo. E l’archetipo dei Pesci ad esso connesso risponde perfettamente al concetto. Nei Pesci, opposto astrologico della Vergine, le pretese di controllo sono totalmente cadute. Nei Pesci quelle novità che arrivano e si insinuano senza il nostro permesso sono accolte e restituite al loro vero senso, quello di essere le mani di una forza più grande ed invisibile che aiuta e sorregge le nostre esistenze, che consente a tutti di crescere e di cambiare faccia.
Se Demetra avesse accettato la presenza del giovane convivio nel suo bosco forse avrebbe ricevuto un insegnamento prezioso, anche a costo di veder calpestato qualche fiore.
La fede è affidarsi. E’ staccare la spina del mentale sapendo che quel che il nostro cuore vuole davvero, qualcuno di molto più potente di noi l’ha già preso in carica. La nostra Anima sa quello che vogliamo, sa quello che è giusto per noi. Sta a noi darle il lasciapassare, accogliendo anche quelle deviazioni e quelle novità che ci allarmano, ci irritano, ci deprimono.
Il grande esperto di finanza Napoleon Hill, padre dell’approccio spirituale alla materia, sostenne che la Fede fosse l’Elisir eterno che infonde vita forza e dinamismo all’impulso intellettuale.
Un modo molto elegante per dirci che senza la capacità di affidarci e mollare il controllo i nostri pensieri restano quello che sono. Atti intellettuali sterili. Volano solo con la capacità di credere che qualcosa di superiore e più potente possa accendere le magie e realizzare l’impossibile.
Vi auguro la forza di accettare le incognite come doni.
Accettate che la vostra confort zone venga messa a soqquadro
Siate la fede che infiamma i vostri pensieri.
Love
Shanti
(imm. Pinterest)
Francesca Spades
Un pensiero riguardo “L’Elisir del successo si chiama fede.”