Pestarsi i piedi da soli non significa spiritualità

La ricerca spirituale può diventare una sete infinita.

Può diventare un percorso ad infinite tappe in cui si para davanti ai nostri occhi sempre qualcos’altro da raggiungere, qualcos’altro da trascendere, da superare o da imparare. E la sensazione di chi siamo resta sempre monca. Il Sè superiore, la nostra Anima, è sempre a qualche metro o chilometro da noi, il nostro Ego è sempre in mezzo ai piedi. La sensazione diventa frequentemente quella di fare un passo avanti e due indietro.

Ci arrampichiamo sui concetti di non-dualità, di risveglio, di illuminazione, ma poi se ci privano di un parcheggio scattano in noi reazioni da belve preistoriche affamate, oppure un commento ben piazzato di un genitore ci fa ancora dubitare a decenni dalla nostra adolescenza di tutto quello che abbiamo costruito in lustri di terapia o spiritualità. Il letto vuoto da troppo tempo riesce a convincerci che non valiamo nulla altrimenti non saremmo così soli, e il pensiero di invecchiare ci costringe ad iscriverci all’ennesimo corso in palestra che molleremo alla terza lezione. Così viviamo fra un seminario di alchimia interior e una lite con il partner per il saldo dell’assicurazione della macchina, fra un consulto astrologico sul Karma e quel collega o capo di cui vorremmo volentieri lo scalpo in mano. E questa oscillazione riflette l’idea che nel nostro mondo interiore si è formata della spiritualità: una scalinata immensa con un up e un down ben precisi. Con una vetta e bilioni di gradini che vanno dalla mediocrità alla santità. Il che si traduce in una lotta contro un mostro demoniaco chiamato Ego o Sè inferiore che deve essere prontamente annientato con ogni possibile mezzo fino a quando non resti null’altro che il nostro sorriso beato da spiriti con tanto di aureola che individui il Chakra della corona finalmente radiante di pura luce cosmica.

Cerchiamo la pace assoluta attraverso la guerra più complessa, lunga e sanguinosa che esista. Quella contro noi stessi. Contro una parte di noi percepita come impura e disgregante.

Tuttavia la pace non si fa con la guerra, altrimenti Gandhi si sarebbe procurato un arsenale e avrebbe indossato una mimetica. E quando sostenne che se desideri la pace devi saper diventare la pace, intendeva dire che la violenza è generata dal rifiuto e il rifiuto implica una decurtazione, l’esclusione di una parte a favore di un’altra. E la pace invece è unità.

E allora dentro di noi cosa avviene? Quale guerra abbiamo ingaggiato pensando che si possa far a meno degli aspetti meno riscattati che abbiamo? O viverli come intralci o fastidi?

In un passo stupendo dei suoi scritti Osho racconta di un uomo che si recò a visitarlo perchè attanagliato dalla paura di morire ( I segreti della gioia – Osho). Era gravemente malato, sapeva di doversi separare dal corpo in maniera imminente e aveva consultato decine di Santi, Guru e Sciamani per essere liberato da quella paura abissale di morire, ma senza successo.

Osho avrebbe potuto esattamente come gli altri elargire un mantra, una preghiera, dei cristalli di guarigione, invece disse semplicemente: hai paura? Accettala. Morire ti fa tremare? Trema allora. E nelle sue parole c’è la semplicità del Divino. Non si possono tagliare via da noi le parti che non ci piacciono. Eluderle, infilarle sotto il tappeto. Non possiamo pensare di salire in grado evolutivo rifiutando quello che ci rende imperfetti. Pensare che la nostra imperfezione sia qualcosa di diverso dalla luce sfolgorante del nostro Sè superiore. Perchè significa applicare le categorie della dualità a qualcosa che non è duale per antonomasia. La nostra Anima è fatta di tutte le nostre fragilità, perchè quando le visioniamo, le riconosciamo e accettiamo di averle si trasformano inevitabilmente in forza e il luce. Letteralmente il nostro Sè Superiore è fatto delle nostre ombre. Esse sono i mattoni che la costruiranno e il Cielo di questi giorni ci spinge soprattutto a visionare le cose che non amiamo di noi stessi. Sullo Sfondo degli astri in Scorpione, transita una Luna in Capricorno che Lunedì passerà in Acquario, e che segnerà il bisogno di modificare certi atteggiamenti per liberarci di dinamiche vecchie come il mondo e lasciar entrare finalmente dell’aria fresca. E se le nostre armi finora sono state di ferro e fuoco , magari è ora che lascino il posto alla serenità dell’accettazione. All’espansione della tolleranza.

Riferisce infatti ancora Osho nel suo passo magistrale che gli alberi nella tempesta si agitano e tremano, non pretendono di restare dritti ed immobili come fusi. Perchè mai noi abbiamo questa pretesa per le nostre vite? Il futuro ci fa paura? I rischi ci spaventano? I legami relazionali ci mettono a dura prova i nervi? Bene. Il punto è solo averne piena coscienza e restare con lo scatenarsi della nostra reattività come fosse esattamente un temporale. Vederla. Avere coscienza di quello che avviene quando avviene. Senza pensare che la paura, la rabbia o la gelosia ci rendano degli inetti che non potranno mai ricongiungersi all’Uno. Dei pasticcioni sicuramente al di sotto di tutti i Guru che parlano di come si viva nello svelamento dell’illusione cosmica.

Il vangelo dal canto suo ci dice chiaro e tondo che al Padre piace chi si sporca le mani. Al Padre piace quel figlio che lo abbandona, che va nel mondo, che lascia che il mondo lo impressioni e lo sporchi fin quasi a dimenticare la propria identità. E’ per quel figlio che il Padre festeggia. E dovremmo allora sentirci piccoli e insulsi per le nostre vulnerabilità?

Nell’Albero della Vita della Cabalà l’ultima sephira o emanazione è rappresentata da Malkhut, il Regno, il luogo della fisicità nel Regno dell’Azione o Assiah. E in questa emanazione del Divino che esiste il nostro mondo, l’umanità e la nostra esistenza. Ma il principio alchemico per eccellenza ci informa che come sopra così è sotto. Allora Malkhut non è diverso dalla sommità dell’Albero, da quella Sephira chiamata Kether o Corona che è la prima emanazione dell’Uno, la sua scintilla sacra più originale. La Vita è in Malkhut come in Kether. Ed è la medesima. Si potrebbe mai fare meno delle radici dell’albero?

Si potrebbe mai fare a meno delle parti che ci rendono umani?

Non combattete il vostro ego. Perchè è come pestarvi i piedi a sangue da soli.

Vi Auguro la gioia della comprensione delle vostre parti meno illuminate. Vi auguro la pace che diventerete quando vi sarete risolti ad essere pace. Ed è una vostra scelta.

Love

Francesca Spades

Se desideri un consulto astrologico con me puoi scrivere a : francescaspades@gmail.com

2 pensieri riguardo “Pestarsi i piedi da soli non significa spiritualità

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